La scuola si è “smaterializzata” ma le menti, le voci di docenti e alunni continuano ad essere comunità dialoganti in grado di fare rete anche attraverso la partecipazione ai concorsi letterari, di poesia I poeti lavorano di notte (VI edizione) e prosa Una rosa per un racconto (XIII edizione) indetti anche quest’anno dal Liceo Aristosseno.
La giuria ha individuato sei vincitori tra i quali, con orgoglio, è stata premiata Fabiana Ciaccia, alunna della 2^ASP del nostro Liceo con il suo racconto “Un pomeriggio d’autunno”.
UN POMERIGGIO D’AUTUNNO
“A cosa pensi?”
“Non lo so”
E invece lo sapeva. E anche quel pomeriggio venne al culmine troppo in fretta.
Sporse lo sguardo oltre la ringhiera d’acciaio, guardando l’orizzonte. Era un tardo pomeriggio d’autunno e nel cielo c’erano poche nuvole. Da tempo non usciva di casa, dall’angolo della sua camera dove dalla finestra guardava la città spegnersi nella notte e rianimarsi la mattina. I giorni passati inutilmente nel letto pesavano e iniziava a fare freddo. Una delle uniche persone a cui teneva, la sua cara amica, l’aveva trascinata fuori dal suo palazzo. Voleva farle fare un giro, magari passare da qualche negozio … ma ogni volta che passavano vicino ad una libreria lei entrava fiondandosi nel reparto delle novelle. Era il minimo che potesse fare pur di rallentare il tempo, cercando di non arrivare a quel punto della loro passeggiata pomeridiana. Ma in ogni modo lei cercasse di evitarlo ecco che si avvicinava. Ora fissava ancora un punto sull’orizzonte e iniziò a ricordarsi di quel tardo pomeriggio in cui lo aveva scorto. Appena posò gli occhi su di lui si accorse di non averlo mai visto prima ed era sicura che non fosse di quelle parti. Dal modo in cui era vestito sembrava uno di quei frontman di una band rock sulle quali si potevano scrivere delle fan fiction: giacca nera di pelle, maglietta del medesimo colore, occhiali da Sole, stivaletti e un paio di jeans sbiaditi. Non era troppo alto –ma sicuramente più di me- pensò lei quando lo vide. I capelli erano di un castano scuro e tirati indietro con del gel, alcuni ciuffi ricadevano sulla fronte con leggerezza. Era veramente bello. Appoggiato alla ringhiera con braccia conserte scrutava l’orizzonte, come se volesse guardare oltre. O almeno era ciò che pensò lei, visto che il ragazzo aveva gli occhiali da Sole e non sapeva dove in realtà stesse guardando. Guardandolo l’inevitabile domanda se avesse una ragazza o meno si fece strada nella sua testa. Ma qualcosa le disse che era meglio non saperlo … o forse non voleva saperlo lei. Ad un certo punto lo vide staccarsi dalla ringhiera e per un momento ebbe paura che potesse avvicinarsi; ma non lo fece. Mise una mano nella tasca destra dei jeans e tirò fuori un pacchetto di sigarette, per poi prenderne una. Dalla medesima tasca estrasse poi un accendino e lo accese. Portò la sigaretta alla bocca tenendola ferma fra le labbra e così facendo avvicinò l’accendino ad essa, cercando di riparare con la mano libera la piccola fiamma dal venticello che con il calare del Sole stava diventando più forte. Il cielo si stava tingendo di rosa e le nuvole con esso. Iniziava a fare freddo, così lei si sistemò meglio il cappotto sulle sue spalle, distogliendo lo sguardo dal ragazzo. Improvvisamente le venne voglia di fumare, prese l’accendino dalla tasca del cappotto e lo tirò fuori, quando si accorse di aver dimenticato a casa il pacchetto. Con riluttanza guardò con il mare rigirandosi l’accendino fra le mani.
“Ne vuoi una?”
Voltò la testa e lui era lì. La stava guardando e in una mano teneva aperto il suo pacchetto di sigarette, facendone sporgere una. Per un attimo lei esitò, ma poi la prese.
“Grazie”
Lui non disse niente ma le sorrise debolmente. Lei non osò dire nulla a conoscenza del fatto che il ragazzo si fosse sicuramente reso conto che lo stava osservando.
“Si nota che non sono di qui?”, chiese lui voltandosi a guardare il mare insieme a lei.
“Come?”
“Mi stavi guardando. Si nota che non sono di questi parti?”
Era sicura che quella domanda fosse solo uno scusante per avviare la conversazione, ma era comunque sollevata che l’avesse pensata così.
“Beh non ti ho mai visto quindi … direi di si”, e con nonchalance iniziò a fumare.
—
La sua amica la guardò cercando una risposta nel suo sguardo, ma non trovò nulla. Sapeva però che era per qualcuno.
“E’ una persona?”
“No”
“E invece si”
“Se sei così sicura della tua risposta allora perché me lo chiedi?”
“Volevo che me lo dicessi tu”
Ci fu un attimo di silenzio e poi l’amica parlò ancora.
“Sai il suo nome almeno?”
“No … non me l’ha detto” e notando il suo sguardo continuò “… e non gliel’ho chiesto. Nè gli ho detto il mio”
Detto questo si voltò guardando nello stesso punto in cui lo aveva visto per la prima volta, immaginando che per un momento fosse realmente lì. Una forte corrente improvvisamente le scompigliò i capelli facendo volar via il suo pensiero ancora una volta a quel pomeriggio. Mentre entrambi in silenzio guardavano ancora il mare si sentiva il fruscio delle foglie e lei con la testa appoggiata su un palmo della mano, sigaretta nell’altra e gomito sull’acciaio per la prima volta sentì che qualcosa andava bene e sperò che quel momento non finisse mai. Poi si voltò e lui ugualmente, fermandosi a guardarla, prendendo l’ultima boccata di fumo, per poi gettarlo fuori con un sospiro. Gli angoli della sua bocca si piegarono all’insù, si voltò lentamente di spalle a lei e iniziò ad allontanarsi insieme alla scia bianca che usciva dalla sigaretta, lasciando in quel posto solo una memoria distante.
E dopo non si affrettò a cercarlo, sapendo che un giorno … nella novella di una libreria, nel ritmo di una canzone, in un altro pomeriggio d’autunno, in un’altra sigaretta … lo avrebbe ritrovato…. o forse sarebbe tornato lui stesso!
CIACCIA FABIANA – 2^ASP