“La signora dello zoo di Varsavia” – Progetto CinemArchita gennaio/febbraio 2018

Nell’ambito del progetto CinemArchita, da sabato 27 gennaio a sabato 3 febbraio, tutti gli studenti del liceo “Archita” celebrano la “Giornata della Memoria” anche attraverso la visione, presso il cinema Bellarmino di Taranto, del film “La signora dello zoo di Varsavia”, un film che porta all’attenzione del grande pubblico una pagina di storia poco nota, di straordinario coraggio e umanità, ambientata tra le gabbie di uno zoo…

 

 

Jan Zabisnki diventa direttore dello zoo di Varsavia nel 1929. Insieme a sua moglie Antonina popola il giardino zoologico, nato da una mostra itinerante ottocentesca di animali, delle specie più belle e più esotiche. Nel ’39, però, l’invasione della Polonia da parte della Germania nazista, e il bombardamento che la precede, distruggono lo zoo e uccidono

Niki Caro, specializzata in storie di forza e riscatto al femminile, porta sullo schermo il libro di Diane Ackerman che racconta una pagina poco nota della storia della resistenza polacca e non solo.

L’impianto del film è classico, narrativo, e poggia saldamente sugli elementi di pathos e di thrilling che sono interni al racconto storico: su tutti il fatto che il trasporto degli esseri umani dentro e fuori lo zoo avvenisse in un luogo presidiato quasi continuamente dai nazisti, sotto il loro naso, con un tasso di rischio da togliere il fiato. La sceneggiatura romanza alcuni aspetti, per rendere più ricco e complesso il ruolo di Jessica Chastain. Antonina ci viene mostrata mentre “parla” con gli elefanti, mentre avvicina con pazienza una ragazzina violata come farebbe con un animale ferito e impaurito, e mentre tiene le redini di un “gioco” ad alta tensione con l’ufficiale tedesco, attratto da lei, per portarlo dalla propria parte senza cedere sul fronte della dignità personale. E la performance della Chastain, improntata a far trasparire un’eccezionale forza interiore sotto un abito modesto e quasi ingenuo, è effettivamente convincente, ma è anche la parte più convenzionale del tutto. È piuttosto nel racconto dell’istituzione del ghetto, delle condizioni di vita e morte al suo interno, o in quello degli “ospiti” degli Żabiński, che risalgono in superficie la notte per un respiro di normalità, che il film offre il suo contributo più particolare e straziante, senza bisogno di alcun intervento di riscrittura rispetto alla realtà dei fatti.

Recensione di Marianna Cappi

lunedì 13 novembre 2017